12 apr 2014

14 giu 2010

No è cosa sinistra sifonarsi la Ministra




Osteria delle ministre
paraponzi ponzi po
le ministre son maestre
paraponzi ponzi po
e se al letto son portento, figuriamoci in Parlamento...

6 giu 2010

Pedofili e in flagranza un reato minore?


L’ emendamento che vede anche la firma di Gasparri permette al molestatore di non finire in carcere.

Che la legge sul blocco delle intercettazioni e sul bavaglio all’informazione abbia costituito una ghiotta occasione per stipulare patti scellerati con le gerarchie ecclesiastiche lo avevano capito tutti. Perché è un fatto che una tra le tante norme scellerate prevede che, se si deve intercettare un ecclesiastico, prima bisogna avvertire la sua gerarchia. Il che, immagino, secondo gli autori di questa bella trovata, si giustifica con la certezza che chi è dedito alla cura delle anime per prima cosa tiene molto alla sua e quindi mai e poi mai rivelerà al confratello che un pm comunista e miscredente sta per mettergli sotto controllo il telefono. Si pensava di aver toccato il fondo: 8 per mille, sovvenzioni alle scuole cattoliche, esenzione dall’ICI, non so che altro; adesso anche privilegi ai preti indagati. Il disprezzo per la Costituzione di questa gente davvero non ha limiti. Adesso ce n’è un’altra; l’iniziativa è (ricordatevene bene per favore, questi nomi non debbono essere dimenticati) di Gasparri, Bricolo, Quagliariello, Centaro, Berselli, Mazzatorta, Divina. Che hanno fatto? La cosa è complicata.

C’è un articolo del codice di procedura penale (380) che elenca i casi in cui si deve (non si può, si deve) procedere all’arresto in flagranza; che significa che il delinquente sorpreso mentre sta commettendo un reato va impacchettato subito e portato in prigione; poi lo processeranno ma, per il momento, in galera resta. Tra i reati per cui si “deve” arrestare non c’era il delitto di atti sessuali con minorenne (609 quater codice penale). Sicché, con raro acume legislativo, qualcuno dei nostri Soloni ha pensato bene di inserircelo, approfittando della legge blocco&bavaglio. Bravo, bene, bis. A questo punto la polizia (cioè PS, CC, GdF, Vigili Urbani etc., sono loro che fanno gli arresti in flagranza), se beccava uno che stava compiendo atti sessuali con un minorenne, doveva (“doveva”, non “poteva”) arrestarlo. C’è qualcuno che dubita che fosse cosa buona e giusta? Eh, qualcuno c’era; perché i suddetti Gasparri&Compagni hanno presentato un emendamento (1.707) assolutamente criptico (per mettere insieme tutto ho impiegato una mezz’ora) che modifica questo articolo 380 del codice di procedura, appena modificato da qualcuno della loro stessa parrocchia, nel senso che sì, va bene, chi commette atti sessuali con minorenni e viene sorpreso in flagranza deve essere arrestato; ma sempre che non si tratti di atto sessuale di “minore gravità” (veramente la tecnica legislativa (?) adottata è più complicata ma ve la risparmio, il risultato è questo). Dunque, adesso Polizia, CC, Gdf, Vigili urbani, quando beccheranno un pedofilo con i calzoni abbassati (o le gonne alzate) dovranno decidere, prima di arrestarlo, se quello che sta facendo è di gravità normale o minore del normale; e, in questo secondo caso, potranno anche non arrestarlo.

Ma vi rendete conto? La Cassazione si danna per decidere se quello che è stato fatto al ragazzino o alla ragazzina è di minore gravità oppure no. Perché la cosa è importantissima: se il fatto è di minore gravità, la pena è diminuita fino a due terzi, che è mica roba da poco; da 5 anni si passa a poco più di 2 anni, che vuol dire affidamento in prova al servizio sociale, quindi niente galera; e anzi, con un paio di attenuanti (attenuanti generiche e risarcimento del danno) si va a circa anni 1; il che significa sospensione condizionale della pena. Sicché potete immaginare quali monumenti di cultura giuridica vengono costruiti in Tribunale, Appello e Cassazione. E Gasparri&Compagni affidano al poliziotto del caso la responsabilità di decidere se il pedofilo/a va arrestato oppure no. Lì, su due piedi, mentre si sta rialzando i pantaloni o abbassando la gonna. La cosa è talmente grave che adesso la maggioranza dice di volerci ripensare. Sarà vero? Domanda: ma che gliene importa a loro dei pedofili? Grave o no che sia l’atto (immaginatevi la disgustosa classifica), davvero non va bene mandarli in prigione almeno per un po’? In flagranza di reato sono stati sorpresi, c’è poco da discutere. E allora? Qualche reverente pensiero alle norme “Vaticane” davvero è fuor di luogo?

da Il Fatto Quotidiano del 2 giugno 2010

26 mar 2010

Io ve lo sconsiglio il Presidente del Consiglio


Vivo a Milano 2, in un quartiere costruito dal Presidente del Consiglio.
Lavoro a Milano in un’azienda di cui è principale azionista il Presidente del Consiglio.
Anche l'assicurazione dell'auto con cui mi reco a lavoro è del Presidente del Consiglio, come del Presidente del Consiglio è l'assicurazione che gestisce la mia previdenza integrativa.
Mi fermo tutte le mattine a comprare il giornale di cui è proprietario il Presidente del Consiglio.
Quando devo andare in banca, vado in quella del Presidente del Consiglio.
Al pomeriggio, quando esco dal lavoro, vado a far la spesa in un ipermercato del Presidente del Consiglio, dove compro prodotti realizzati da aziende partecipate dal Presidente del Consiglio.
Alla sera, se decido di andare al cinema, vado in una sala del circuito di proprietà del Presidente del Consiglio, e guardo un film prodotto e distribuito da una società del Presidente del Consiglio: questi film godono anche di finanziamenti pubblici elargiti dal governo presieduto dal Presidente del Consiglio.
Se invece la sera rimango a casa, spesso guardo la TV del Presidente del Consiglio, con decoder prodotto da società del Presidente del Consiglio, dove i film realizzati da società del Presidente del Consiglio sono continuamente interrotti da spot realizzati dall'agenzia pubblicitaria del Presidente del Consiglio.
Seguo molto il calcio, e faccio il tifo per la squadra di cui il Presidente del Consiglio è proprietario.
Quando non guardo la TV del Presidente del Consiglio guardo la RAI, i cui dirigenti sono stati nominati dai parlamentari che il Presidente del Consiglio ha fatto eleggere.
Quando mi stufo navigo un po’ in internet, con provider del Presidente del Consiglio.
Se però non ho proprio voglia di TV o di navigare in internet leggo un libro, la cui casa editrice è di proprietà del Presidente del Consiglio.
Naturalmente, come in tutti i paesi democratici e liberali, anche in Italianistan è il Presidente del Consiglio che predispone le leggi che vengono approvate da un Parlamento dove molti dei deputati della maggioranza sono dipendenti ed avvocati del Presidente del Consiglio, che governa nel mio esclusivo interesse, per fortuna!

8 mar 2010

Sandro Pertini, cartoline dall’onestà


Ho conosciuto Sandro Pertini quando, negli anni ‘70, ci chiamavano “pretori d’assalto”. Lo incontrai per la prima volta quando era presidente della Camera. Pertini rappresentava, per noi giovani, la storia, il collegamento tra le sofferenze della guerra trascorsa e le conquiste di libertà, le speranze di progresso e di sviluppo della nostra democrazia. Nell’inverno del 1974, l’Italia era in piena crisi petrolifera. Le case, gli ospedali, le scuole erano prive di riscaldamento. Mancava il gasolio e la benzina. Ero pretore a Genova. In seguito a indagini, intercettazioni telefoniche e sequestri di documenti, accertai che i petrolieri pagavano tangenti pari al 5% dei guadagni loro concessi da leggi approvate dal Parlamento. I petrolieri erano i corruttori e ministri e parlamentari i corrotti. All’epoca l’organo inquirente dei ministri era la Commissione inquirente, formata da deputati e senatori e gli atti del processo dovevano essere consegnati al presidente della Camera.

Pertini mi ricevette, lesse in mia presenza alcuni documenti. Pianse dalla rabbia e l’indomani dichiarò: "La morale è una scienza morta se la politica non cospira con lei e non la fa regnare nella nazione. La democrazia si difende, si sostiene e si rafforza con una grande tensione morale; la corruzione è nemica della democrazia, la corruzione offende la coscienza del cittadino onesto, l’esempio deve essere dato dalla classe dirigente e in primo luogo da me che vi parlo. Si colpiscano i colpevoli di corruzione senza pietismi, senza solidarietà di amicizia o di partito. Questa solidarietà sarebbe vera complicità, la politica deve essere fatta con le mani pulite".

Pianosa. Quando, nell’aprile del 1932, nel carcere di Pianosa fu trasferito presso il sanatorio giudiziario, in precarie condizioni di salute, la madre presentò domanda di grazia alle autorità. Pertini così le scrisse: "Perché mamma, perché? Qui nella mia cella di nascosto, ho pianto lacrime di amarezza e di vergogna. Quale smarrimento ti ha sorpresa, perché tu abbia potuto compiere un simile atto di debolezza? E mi sento umiliato al pensiero che tu, sia pure per un solo istante, abbia potuto supporre che io potessi abiurare la mia fede politica pur di riacquistare la libertà. Tu che mi hai sempre compreso che tanto andavi orgogliosa di me, hai potuto pensare questo? Ma, dunque, ti sei improvvisamente così allontanata da me, da non intendere più l’amore, che io sento per la mia idea?". Venne accusato di “istigazione all’odio tra le classi sociali” oltre che dei reati di stampa clandestina, oltraggio al Senato e lesa prerogativa della irresponsabilità del re per gli atti di governo. Pertini, sia nell’interrogatorio dopo l’arresto, sia in quello condotto dal procuratore del Re, nonché all’udienza pubblica davanti al Tribunale di Savona, rivendicò il proprio operato assumendosi ogni responsabilità e dicendosi disposto a proseguire nella lotta per la libertà, qualunque fosse la condanna a cui andava incontro.

Quirinale. Nel periodo della sua permanenza al Colle contribuì a fare della figura del presidente della Repubblica l’emblema dell’unità del popolo italiano. La sua statura morale contribuì al riavvicinamento dei cittadini alle istituzioni, in un momento difficile e costellato di avvenimenti delittuosi come quello degli anni di piombo. In seguito al terremoto in Irpinia del 23 novembre 1980, dopo pochi giorni, denunciò pubblicamente l’impotenza e l’inefficienza dello Stato nei soccorsi in un famoso discorso televisivo a reti unificate, in cui denunciò quei settori dello Stato che avrebbero speculato sulle disgrazie come nel caso del terremoto del Belice. Nel febbraio 1983, tra lo stupore generale visitò in ospedale il giovane Paolo Di Nella, militante del Fronte della Gioventù, in coma per essere stato colpito alla testa da un sasso mentre affiggeva dei manifesti, e che nei giorni successivi morì. Nel 1988, si recò a visitare la camera ardente di Almirante, il segretario politico del Msi. Alle polemiche dei socialisti, così rispose: “Di fronte alla morte di un antico avversario politico che ha sempre portato rispetto alla mia persona e all’istituzione che ho rappresentato, ho ritenuto doveroso questo atto di estremo saluto, che non cancella certo le nostre diverse storie politiche. Ti ricordo, compagno...che a differenza di te che l’attacchi da morto, io i fascisti, prima in galera e poi nella resistenza li ho combattuti da vivi, a viso aperto, rischiando la mia pelle. Ora io saluto, con il rispetto dovuto, il collega parlamentare defunto, ricordandone l’elevato impegno politico e la coerenza di ideali. A ciascuno il suo, nel doveroso silenzio di fronte alla morte".

Pertini considerava la libertà e la giustizia sociale un binomio inscindibile. Nel corso di una intervista disse: "Se a me socialista offrissero la realizzazione della riforma più radicale di carattere sociale, ma privandomi della libertà, io la rifiuterei, non la potrei accettare. Ma la libertà senza giustizia sociale può essere anche una conquista vana. Si può considerare veramente libero un uomo che ha fame, che è nella miseria, che non ha un lavoro, che è umiliato perché non sa come mantenere i suoi figli e educarli? Questo non è un uomo libero”. La sua personalità era intrisa dei princìpi che avevano ispirato la democrazia parlamentare e repubblicana, nata dall’esperienza della Resistenza partigiana; era solito sostenere il suo rispetto della fede politica altrui tanto quanto il suo fermo rifiuto di tutte le ideologie che rinneghino la libertà di espressione.

C’era sempre. La sua costante presenza nei momenti cruciali della vita pubblica italiana, nelle situazioni piacevoli come nei momenti difficili, è stata probabilmente uno dei motivi della sua grande popolarità. Spesso è stato definito come il "presidente più amato dagli italiani", ricordato per l’amore verso l’Italia, per il suo carisma, per il suo modo di fare schietto e ironico, per l’onestà, e per aver inaugurato un nuovo modo di rapportarsi con i cittadini, con uno stile diretto e amichevole. La schiettezza e la pragmaticità di Pertini si riflesse inoltre anche nella sua azione politica ed istituzionale, facendolo apparire come un presidente che puntava alla concretezza, rifiutando compromessi e imponendosi con il suo rigore morale.

L'elogio di Indro. Il giornalista Indro Montanelli, in un articolo pubblicato sul Corriere della Sera del 27 ottobre 1963, scrisse: "Non è necessario essere socialisti per amare e stimare Pertini. Qualunque cosa egli dica o faccia, odora di pulizia, di lealtà e di sincerità”. Pertini fu tra i presidenti che scelsero di non abitare nel Palazzo del Quirinale, mantenendo la propria residenza nel suo appartamento romano, secondo lo stesso Pertini per espresso desiderio della moglie. Visse infatti per molti anni in un attico che s’affaccia sulla fontana di Trevi. Gli abitanti del quartiere lo incontravano spesso, quando la mattina la macchina andava a prenderlo per andare "in ufficio" al Quirinale senza grandi apparati di sicurezza; per chi lo riconosceva e lo salutava, soprattutto i bambini, il presidente aveva sempre un sorriso e un gesto di saluto.

Nella primavera del 1981 Pertini presiedette un’infuocata seduta del Csm di cui anch’io facevo parte. Erano in corso le indagini sulla P2 e il vicepresidente dell’epoca, il successore di Vittorio Bachelet, che era stato ucciso dalle Br, ne era rimasto coinvolto. Ero il più giovane del Consiglio e mi ero espresso per le dimissioni del vicepresidente. Al termine della seduta, lo avvicinai: "Le chiedo scusa se mi sono permesso di avere la pretesa che ascoltasse le mie modeste parole". “No, no…hai fatto benissimo…sai io preferisco ascoltare le parole dei giovani…voi giovani non avete ancora imparato a fare gli equilibristi…tu cerca di non impararlo mai…sai, quelli ogni tanto soffrono di vertigini e ogni tanto cadono, chi invece poggia i piedi sulla strada in cui crede va avanti sereno almeno col proprio animo”.
E poi aggiunse: "Chissà se un giorno saranno ripagati i nostri sacrifici della resistenza…senza legalità non può esserci né libertà né democrazia…coraggio, coraggio…i tempi cambieranno…la storia deve andare avanti…”.
Fu l’ultima volta che parlai con Sandro Pertini, ma ancora oggi penso a quella frase: “Chissà se un giorno…”. “Tutto muore con noi – era solito dire – però noi rimaniamo nel cuore di quelli che ci amano. Lì non muoriamo mai, e perciò possiamo parlare con i nostri cari, ed essi parlano a noi in silenzio”. Quanto vorrei oggi che Sandro Pertini non si limitasse a parlare a quelli che lo hanno amato e che lo amano ancora oggi.

da il Fatto Quotidiano del 7 marzo
di Mario Almerighi

1 feb 2010

Fine delle tramissioni


Disse la tv al cesso:
“Io, in una casa, sono più amata di te!”
“Ah sì?”, rispose il cesso, “E perché mai?”
“Io regalo allegria”, rispose lei.
“Anch’io”, disse l’altro.
“Tu non mostri spettacoli e reality!”
“Pfui!”, disse il cesso facendo seguire il rumore dello sciacquone per lo sdegno, “E questa la chiami ‘allegria’?”
“Perché, tu cosa offri?”
“Un grembo su cui sedersi comodamente e in cui liberarsi delle pene interiori!”, disse poeticamente.
“Sei un imbecille, che cazzo di allegria è, è solo merda e piscio!”
“Sei sempre volgare, non ti smentisci mai.”
“E tu sempre puzzolente!”
“Ti sbagli, la mattina mi mettono il collutorio.”
“E poi tu non rendi felice la gente.”
“Al contrario, dopo essersi liberati sono leggeri e felici come usignoli!”
“Cretino, la soddisfazione di un bisogno non dà la felicità, ci vuole ben altro!”
“Lo so, ma essa è il presupposto necessario per poterla raggiungere, se non soddisfi prima i tuoi bisogni, non raggiungerai mai la felicità.”
“Sei noioso, hai una voce monotona e gutturale con un’eco che mi dà sui nervi!!”
“E tu parli troppo, per giunta dici solo cazzate, cose che alla gente sana non dovrebbero mai interessare, inoltre non hai una voce tua, originale, ti confondi tra mille voci di diversa provenienza che sanno di ipocrisia!”
“Mio caro, io sono la voce della società, del mondo, dell’uomo! Sono la sintesi dell’umanità!”
“Cara scatola dai mille colori, di umanità, lì dentro, ce n’è ben poca, si discorre attraverso luoghi comuni, tormentoni e pettegolezzi, è tutta sterile finzione, non è quello il mondo vero, sia nel bene che nel male! Sei solo un mezzo per trasformare in peggio la gente, per dettare loro gusti, sentimenti, emozioni! Sei un palcoscenico di paraculi e di filosofi del cazzo!”
“Senti, sapientone, la gente mi guarda, mi continua a guardare, mi desidera, mi ama! Io occupo una percentuale altissima del tempo che trascorrono in casa!”
“Vero, verissimo, ma ricorda sempre che i teledipendenti sono come dei drogati, si è fatto in modo che restassi ormai solo tu ad occupare il tempo libero delle loro squallide giornate! Perciò, ringrazia gli spacciatori che ti governano!”
“Come ti odio! Sei una palla, e poi se non ci fossi tu potrei godere di ancora maggiore attenzione, la gente interromperebbe meno frequentemente la mia visione se fosse costretta a pisciare e cacare per strada, sei un lusso inutile!”
“Senti chi parla, io un lusso inutile…”
“Sì, sìiiiiiiii!” continuò la tv ormai alla collera, “e poi chi pensa a te pensa alla merda, al piscio, al vomito, allo schifo più totale!!!”
“Ah, ah, ah, ah!!” rise il cesso con un lungo e fragoroso rumore di scarico, “Hai ragione, cara mia, ma ricorda: io la merda gliela elimino, mentre tu gliela butti addosso!!”
Fu il colpo di grazia per la povera tv: sprizzava scintille, emanava rumori spaventosi, andò in tilt e cacciò un puzzolente fumo nero dal culo. Era morta. E come ultimo desiderio aveva cacciato un altro po’ di merda.
Il cesso dapprima la compatì, poi se ne fregò e si sentì trionfante.
I padroni di casa, appena furono rincasati, per prima cosa fecero tutti una bella pisciata, contendendoselo e litigando per avere la priorità, e il bambino cacò.
Appena entrarono nel soggiorno, che era proprio di fronte al bagno, furono assaliti da una puzza tremenda di plastica e metallo bruciati che, a confronto, quella del cesso, dopo la cacata del bambino, sembrava odore di fiori di lavanda. Si accorsero, quindi, della morte della tv: la mamma fu la prima a sbraitare, assalita dal pensiero di non poter guardare per un po’ di tempo “Cento Vetrine”, seguita dalla figlia che ebbe lo stesso pensiero per “Il Grande Fratello”, seguita dal dispiacere più lieve del padre di doversi perdere la partita di “Champions” e, infine, dal bambino che, invece, saltava e urlava di allegria dicendo: “Evviva, evviva, adesso, la sera, papà gioca con me!”. Queste parole intenerirono infinitamente il papà, che lo prese in braccio e lo sbaciucchiò con amore e, di conseguenza, la mamma e la sorella fecero altrettanto. Tutte le sere intenti a soddisfare il bisogno di tv, non si erano accorti del bisogno di affetto del bambino e che lo stesso bisogno era avvertito anche da loro.
I coniugi trasportarono il cadavere puzzolente fino al più vicino cassonetto dell’immondizia, lo poggiarono a terra, poi rientrarono in casa. Passò un cane e vi pisciò sopra.
“Ma chi se ne frega della tv, adesso giochiamo con le macchinine!”, disse il papà con un viso nuovo, più bello, “Ma…”, continuò, “quasi quasi… vado prima a fare una cacata!”.

10 nov 2008

CIAO MAMA AFRIKA!


"La voce di Miriam Makeba era quello che i sudafricani dell'apartheid avevano al posto della libertà": questo il commento di Roberto Saviano - cui era dedicato il concerto della cantante sudafricana a Castelvolturno (CE).
Era nata 76 anni fa a Johannesburg; un infanzia non facile causa il matrimonio dei genitori di etnie diverse (perse il padre a sei anni), e una vita di musica e impegno contro l’apartheid, sensibile alle cause umanitarie, ha speso tutta la sua vita per l’impegno civile. Famosa in tutto il mondo per essersi battuta contro le segregazioni razziali e l'apartheid che hanno dilaniato il suo paese, il Sudafrica, ha dato con la sua splendida voce e la sua notorietà messaggi forti ai potenti che vogliono questa situazione in tutto il mondo. E' stata la grande voce dei deboli.

Ci ha lasciati poco dopo essersi esibita al teatro di Baia Verde, a Castel Volturno.
Miriam Makeba è morta sul 'campo', come avrebbe voluto. Non ha voluto mancare all'ultimo appuntamento per combattere in un luogo-simbolo la criminalità e la sopraffazione, quelli sono stati sempre la forte causa della sua vita.
E' stata una grande e lo sarà per sempre!